[rubrica a cura di Ivana Mulatero, ideatrice e curatrice della rassegna CuneoVualà]
Le pagine di Salvatore Santuccio sono da vedere con la luminescenza negli occhi. Posseggono una luce da dentro che si sprigiona dalla trasparenza dell’acquerello che tutto tocca e restituisce una dimensione domestica secondo gradi più intimi perché non ancora rivelati. Questo per dire che l’intensità di luci e colori in India, a saper vedere, esistono anche nel soggiorno di casa.
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Il 14 marzo 2020, da una settima bloccato in casa come tutti, Salvatore Santuccio, architetto e professore di disegno all’Università di Camerino, visiting professor alla Scuola di Architettura di Miami e della IUC di Douala in Camerun, nonché sketcher e acquarellista, sceglie di dedicare due pagine del suo taccuino allo studio, “L’étude du professeur”.
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Poi, il giorno dopo, è la volta della “kitchen”…
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Quattro giorni ancora dopo, su toni velati ecco “la chambre a coucher”…
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E sempre nello stesso giorno, il 19 marzo, perché no, uno sguardo a “le corridor”…
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Il 21 marzo, è la volta di “the toilet”. Il multilinguismo che si snoda nei titoli a cosa si riferisce? Alle esperienze di lavoro in giro per il mondo? Come diceva qualcuno, “…bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti!” (Nanni Moretti dixit). “A me piace giocare con le lingue – dice Salvatore Santuccio – “e magari scherzare su un tono un po’ ampolloso francese o un po’ scanzonato spagnolo che si presta di più a cogliere il senso di certi disegni. Comunque è un gioco”.
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“Quello che posso dire a commento di queste pagine è che la dedizione minuziosa al disegno della propria casa fa scoprire dettagli che pur essendo abituati a vivere quotidianamente non vediamo mai”.
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“La cosa che mi sembra bella è che io mi riconosco nei colori e nell’aria che descrivono i miei disegni, e questo significa che, in qualche modo, lo spazio in cui vivo (con mia moglie, mia figlia e la gatta) è in sintonia con me stesso. Questo lo si scopre disegnando da reclusi, altrimenti lo si da per scontato ma non lo si verifica mai”.
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