[rubrica a cura di Ivana Mulatero, ideatrice e curatrice della rassegna Cuneovualà]
Può capitare di vivere la quarantena sulle Alpi. È successo a Sighanda che ci doveva rimanere, sulle Alpi, solo due giorni, quando il governo svizzero decise di chiudere le frontiere il 15 di marzo.
Ha realizzato delle pagine con matita rossa, sanguigna e pennino (per mancanza di altro materiale).
Sighanda ha percorso alcuni sentieri di montagna e disegnato i particolari iconografici degli affreschi delle edicole sacre.
Aggiungendo il dramma, l’emozione e il pathos al reportage sacro.
Girovagando sul “sentiero antico delle cappelle alpine”, Sighanda espande sulle pagine una continuità narrativa tra un disegno e l’altro, dando seguito a un trasmutare di forme, nel passaggio dalla tramatura dei segni del sottobosco alle architetture semplici delle chiesine votive.
Un reportage scaturito da un’attitudine del “lontanovicino”, vale a dire un metodo per raffigurare ciò che slontana (l’edicola sacra) in sovrapposizione a un primissimo piano, delineando con pochi tratti fluenti e con un chiaroscuro a getto, la vicinanza della figura affrescata, a noi vicinissima nella sua sinteticità lineare.
Scelte cromatiche dovute alle circostanze, trame, segni, qualità del tratto, continuità di forme…insomma Sighanda ha impiegato in 14 pagine tutti gli elementi del linguaggio visivo che potrà anche essere ripreso e rielaborato in futuro, ma che trasmette già ora la forza emotiva di un incontro.